Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. E Gesù disse loro: Riempite dacqua le anfore; e le riempirono fino allorlo. Disse loro di nuovo: Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono. Questo, a Cana di Galilea, fu linizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Dove ci siamo persi, dove e quando abbiamo cominciato a pensare che Dio ci vuole seri e compassati, meglio ancora, un po tristi e doloranti; quando ci siamo convinti che lallegria non fa parte di questo mondo, ma è riservata allaldilà; e se capita di essere allegri allora meglio sentirsi un po in colpa, perché non si addice ad un credente tutto compunto e mesto, intento solo ad abbracciare la sua croce con stoica rassegnazione. Meno male che cè scritto nero su bianco oggi nel Vangelo che allinizio cè la gioia e che, come primo segno, Gesù ha scelto la festa, il vino con cui brindare, lallegria intatta e non sciupata da ciò che manca. Sarebbe bello svegliarci ogni mattino con una voce che ci sussurra non hai più vino: sentircelo ripetere ci aiuterebbe a comprendere che forse abbiamo perso la gioia, la freschezza dello sguardo leggero sulle cose, che ci manca lemozione del vibrare con la vita. È vero, abbiamo finito il vino della festa, quel pizzico di follia, quella danza che nasce spontanea quando senti che è lamore che ti muove e ti conduce. Un amore senza un perché. E Gesù oggi ci mette la sua firma, autentica il fatto che la vita, quando cè lamore, è festa: non a caso lo hanno chiamato il rabbi che amava i banchetti, il mangione e beone che non si perdeva una cena. Ce lo ha fatto capire fin dal principio del suo insegnamento: invece di scrivere un trattato di teologia sul mistero del Padre ci ha mostrato come pensa Dio, quali sono i suoi gesti e i suoi segni; Lui che manifesta la sua gloria riempiendo un vuoto di contentezza, che afferma la sua potenza tramutando linsapore, lo scialbo, nel colore vivido e gustoso del vino e nella sua ebbrezza. È un po come se Gesù si fosse detto, così, tra sé e sé: Facciamo una cosa bella fin dal principio e vediamo se capiscono. Facciamogli vedere che senza la passione del cuore e dei sensi tutto diventa triste e spento, e che Dio non è il motore immobile che si sono raffigurato, ma è lartista del gusto della vita, il creatore della gioia, Colui che ama sempre e sempre senza un perché. Lopposto dellamore non è lodio, ma la freddezza, un cuore indifferente e gelido, distaccato dalla vita e dalla sua energia: Dante infatti rappresenta il cerchio più profondo dellinferno come un cerchio di ghiaccio. Oggi Gesù viene a sciogliere il freddo, a mettere nelle nostre vene la felicità di Dio, a invitarci a fare festa col Creatore che danza e si esalta di gioia, quella gioia che nasce da una amore esagerato.
(Letture: Isaia 62,1-5; Salmo 95; Prima Lettera ai Corinzi 12,4-11; Giovanni 2,1-11)